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Wednesday, August 26, 2009

Il cavaliere dello zodiaco



Zodiac
Non ho mai amato David Fincher.
O meglio, lo trovo un regista talentuoso e orginale e con una forte cifra stilistica, ma da qui a ritenerlo un mio regista culto ce ne passa. Della sua filmografia riesco ad apprezzare fino in fondo solo Se7en: perfino l'ultramoderno Fight Club mi sembra una baracconata che lascia il tempo che trova. Fincher è un regista che non si limita, ma che punta all'eccesso, al virtuosismo, al barocco: il suo è un cinema molto vitale, iperdinamico, ma a volte decisamente fine a se stesso. Ecco perchè Zodiac è senza dubbio la sua opera più matura, adulta, quadrata. Il che non è per forza un cieco complimento.
Innanzitutto è una storia vera, e in quanto tale va visto.
Il film si basa sui reali documenti della polizia di San Francisco: il film infatti fin dall'inizio sceglie il punto di vista dei poliziotti e dei giornalisti, di tutti coloro insomma che per oltre 30 anni seguirono, ossessivamente, il caso del serial killer Zodiac. Questa scelta registica va del tutto a discapito della tensione e dell'azione, per quanto il film non voglia essere un thriller, ma piuttosto un dramma, quasi un poliziesco anni '70. Uno dei problemi della pellicola sta forse proprio in questo: quale direzione prendere. I primi 40 minuti, in cui molto graficamente sono mostrati i primi omicidi dell'assassino (eccezionale l'apertura del film), sono effettivamente perfetti: grande tensione, bellissime sequenze, perfetto settaggio dell'atmosfera. Non appena cominciano le indagini, il film perde ritmo e sembra quasi diventare più evanescente nella sua struttura: non si sa dove porta, sembra confuso, manca di sostanza. Questa non è una critica, ma piuttosto una constatazione: anche perchè, in un certo senso, il film continua a funzionare anche in questa sua veste. 
La mano di Fincher si sente chiaramente in ogni sequenza, anche se, finalmente, in questo Zodiac abbandona i suoi urticanti virtuosismi di macchina (vedere Panic Room per credere..), concedendosi solo qualche bella scelta di regia (come lcuni splendidi pianosequenza). Grandiosa, come sempre, la fotografia caldissima di Harry Savides e tutta la ricostruzione scenica, dalle scenografie, ai perfetti costumi anni '70.
Una menzione particolare spetta al cast, che stranamente non ho trovato particolarmente convincente. Se infatti nelle pellicole precedenti del regista, gli attori erano parte fondamentale nella loro realizzazione (pensiamo a Edward Norton, Brad Pitt, Jodie Foster..), in questo Zodiac solo Mark Ruffalo mi ha davvero entusiasmato. Anche il sempre perfetto Jake Gyllenhaal non mi ha colpito particolarmente, e l'ho trovato palliduccio ed emaciato! Robert Downey Jr gigioneggia come al suo solito, ed è un campione in questo: ma appunto è Downey Jr che fa Downey Jr.. niente di che.
Il film non trova dunque la sua collocazione, e appare come un specie di ibrido, tra il thriller, il dramma, il poliziesco, il metacinema. Un film che parla sì di un killer, ma anche di ossessione, di oblio, di storia e della stupidità dell'uomo, senza però cercare risposte o spingersi oltre la semplice narrazione degli eventi. Il merito di Fincher sta nella sua fedeltà e nell'evidente amore per questo progetto, nel tentativo di fare passi avanti nel suo percorso registico senza dover cadere nei tranelli ovvi del thriller alla Se7en.
Eccessivamente lungo (avrei tagliato almeno mezzora di film), troppo verboso (peraltro una sceneggiatura non sempre all'altezza), con un finale che sbrodola e non convince. Nonostante questo, è un film che meriterebbe una seconda visione per essere davvero apprezzato, che meriterebbe il lavoro del tempo e della memoria: tra una decina d'anni, probabilmente, sarà un piccolo cult.
 
B-


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