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Thursday, October 15, 2009

Io sono la montagna, la foresta, e la terra.



Il labirinto del fauno
 
Ci dev'essere qualcosa di magico nell'aria del Messico. Forse sono i profumi, forse la povertà, o le spiagge, l'inquinamento delle metropoli, i turisti noiosi o la stereotipata solarità del centroamerica. Sta di fatto che negli ultimi cinque anni, i registi più interessanti del panorama cinematografico mondiale arrivano proprio dalla terra dei Maya, e mi sembrano anche parecchio incazzati: prima Robert Rodriguez, poi Alfonso Cuaron seguito a ruota da Alejandro Gonzales Inarritu, e oggi Guillermo del Toro. Regista quest'ultimo che in realtà circola fin dalla fine degli anni '80, ma solo oggi, con Il labirinto del fauno firma effettivamente il suo capolavoro.
Perchè, liberando il terreno da equivoci, lasciatemelo dire: questo film è un capolavoro.
 
Bellissimo, violento, magico, insopportabilmente triste, il Fauno è un'opera nata per non piacere a tutti. Non è un horror, non è un fantasy, non è un film di guerra, non è assolutamente un film per ragazzi. E' uno dei drammi più acuti, intelligenti e senza speranza che ho avuto la fortuna di vedere in tempi recenti: dategli solo tempo, perchè tra una decina d'anni questo film sarà un piccolo cult. Non posso definirlo un inno alla fantasia e nemmeno un'elegia dell'innocenza: la pellicola, a tratti di una violenza intollerabile allo sguardo, si mostra particolarmente diseducativa, quasi a-morale. E ben venga tutto ciò: se Amelie Poulin copriva il vuoto della sua vita con nuvole a forma di orsacchiotti e strampalate storie su ladri di fototessere, la piccola Ofelia (mai nome fu più appropriato) si rifugia in un mondo di fango, di rospi giganti, di mostri terrificanti pur di scappare dalla guerra. Ed il finale, di una poesia struggente, ci consegna tra le pieghe del nostro cuore una storia cupa, sporca, più amara della realtà stessa.
Il punto di forza del film è la regia incredibile di Guillermo del Toro, un maestro dal tratto non lontano dal vecchio Peter Jackson di Creature del Cielo. Lo straordinario talento visivo si unisce ad una capacità affabulatoria che ormai è caratteristica distintiva di tutti i registi messicani: e il concept che regge il film ha un potere ed una forza rare. Da sottolineare che il film è scritto (da Dio), diretto e prodotto da Del Toro: chapeu.
Dal punto di vista visivo, la pellicola è di tremendo impatto: la fotografia umida e satura di Guillermo Navarro accentua i toni gotici e dark della vicenda, e trasforma anche (e forse maggiormente) le sequenze legate alla realtà della guerra in un incubo terrificante. Fondamentale l'apporto tecnico: senza le sue meravigliose scenografie, ma soprattutto l'incredibile make up (il fauno è graficamente innovativo e perfettamente caratterizzato da Doug Jones), il film non avrebbe raggiunto tale efficacia. Notevole e commovente lo score musicale di Javier Navarrete.
Grandissimo il cast, a cominciare da uno dei cattivi più straordinari visti quest'anno: il Capitano Vidal interpretato da Sergi Lopez è indimenticabile. La giovane protagonista Ivana Baquero è più che credibile in un ruolo impegnativo e profondo, mentre Maribel Verdù è splendida come sempre (chi se la scorda più dopo Y tu mama tambien ?).
 
Come dicevo prima, il Fauno non è un horror (come i trailer cercano invece di vendercelo), e penso che non sia piaciuto a molti proprio perchè la gente non trova quello che cerca: le creature fantastiche, le fate, i mostri, il fango.. non è questo che fa paura. Il vero incubo è la realtà, il vero terrore è quello di una bambina che nasce e cresce nel dolore, nella perdita, nella guerra. Una pellicola che parla di innocenza, di nascita, di vita e morte, di sogno e di fuga. Un film che trabocca di immagini pop-olari, di metafore, di citazioni e idee, sequenze di straordinario potere.
Sono andato a vedere questo film spinto dalle recensioni positive e soprattutto dal fatto che il Messico l'ha scelto per concorrere ai prossimi Oscar come Miglior Film Straniero. Ma quello che ho trovato ha superato le mie attese: Il labirinto del fauno è una gemma splendida, un esempio di come sia possibile fare cinema di genere che travalichi il genere stesso. E come sia possibile farlo fuori dalle mura di Hollywood. 
E la povera Italia, ancora una volta, resta a guardare da lontano. Dietro i suoi ultimi baci, dietro le sue vacanze di Natale, l'italietta nasconde il vuoto pneumatico di chi non ha più voglia di rischiare. Perchè se provi a guardare oltre il tuo naso probabilmente il 99% delle volte trovi solo dei fiaschi clamorosi. Ma capita quell'1%..capita quell'unica volta che ti fa venir voglia di lottare ancora, di rischiare nuovamente di più.
Il labirinto del fauno è decisamente un 1%.
 
A-


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