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Thursday, September 17, 2009

Orange tree



The Illusionist
Il cinema bim-boom-sbadaboom-svoom (sapete a cosa mi sto riferendo) ci ha purtroppo abituati, e anzi, forse ci sta abituando, ad un modo diverso di intendere e concepire un film. E quando, per caso, ci troviamo di fronte ad una storia antica e ad un mondo quasi artigianale (anche emozionalmente parlando), rischiamo di confondere per noia e pochezza di contenuti la sua reazionaria purezza e semplicità.
The Illusionist richiama alla memoria quei vecchi film discreti, quel cinema medio, che non costa tanto, che non incassa molto, che non ha grandi pretese, ma che ha il merito di costruire storie ed universi lineari, delicati, dove vivono protagonisti monolitici, senza la raffinata perversione che oggi sembra quasi essere componente necessaria in ogni film. Ed è inevitabile, parlando proprio di perversione strutturale, non pensare al simile (ma diversissimo) The Prestige. Se quest'ultimo film fa leva sull'arguzia, sulla drammaticità estrema, sui twist della trama e su una struttura complessissima, The Illusionist di Neil Burger sembra invece muoversi dalla parte opposta.
Molto più europeo nella sua vocazione (The Prestige è invece effettivamente un'americanata, senza che questo termine sia da intendersi come un difetto), il film mostra fin dalle prime sequenze il suo passo leggero, delicato, calmo, il suo montaggio rilassato, i suoi ritmi quasi agresti (straordinario tutto il prologo del giovane mago Eisenheim, l'apprendistato, l'incontro con Sophie). Non è un film che cerca di intrattenere il suo pubblico, ma è una pellicola che vuole raccontare una storia.
Girato interamente nella Repubblica Ceca, The Illusionist ambienta le sue vicende nella Vienna imperiale. E c'è una certa poesia, un grande senso dell'antico e della purezza di quei tempi perduti che a tratti commuove. Per chi ama i film in costume (e io sono uno di questi), il film dona un senso di eleganza, armonia, grazia che raramente si sono incontrate con questa forza. La bellezza più classica e armoniosa di costumi e scenografie è supportata anche, e forse soprattutto, dalla suggestiva fotografia di Dick Pope (nomination all'Oscar), che illumina il film nei suoi toni più caldi (sabbia, ocra, senape), con i bordi dell'immagine sfumati sul nero, come se una candela facesse risplendere nella notte alcune ingiallite fotografie consumate dal tempo. Splendido, quasi riposante.
Non ho mai particolarmente amato Edward Norton.. o meglio, l'ho sempre considerato un buon attore, ma non ho mai capito il perchè di tanto culto dietro la sua persona. Anche in questo film, l'attore conferma di essere affidabile e diligente, ma non lascia sinceramente un grande segno. Nota positiva invece per Jessica Biel: mai avrei pensato di pronunciare questa frase, ma in alcune sequenze (vedi l'incontro segreto in carrozza), la Biel annienta Norton con uno sguardo, un'increspatura della bocca, un sorriso. Sono rimasto davvero sorpreso. Paul Giamatti bravo, ma ultimamente interpreta sempre e solo se stesso. Il villain Rufus Sewell conquista.
Il difetto maggiore del film sta forse proprio nella sua storia, che non solo non dice nulla di nuovo, ma sbaglia anche nell'essere ampiamente prevedibile e anche poco "meravigliosa" o "magica". Il finale, poi, è del tutto posticcio e risaputo.
The Illusionist insomma non è certo un capolavoro, e forse nemmeno un "buon film". Ma è garbato, delicato, a tratti noioso, ma pur sempre dal sapore antico e gentile. Una specie di produzione Hallmark per il grande schermo, un Rosamunde Pilcher di gran classe. Potabile, dimenticabile, inutile, indiscutibilmente "carino".
 
C


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