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Sunday, September 13, 2009

I FANTASMI NON PIANGONO



Volver
L'attesa viene sempre ripagata, con Pedro.
Dopo Tutto su mia madre, Parla con Lei e l'ultimo La Mala Educacion, Almodovar con Volver infila la quarta perla consecutiva. Sebbene inferiore ai tre film precedenti, che seriamente si sono imposti come le vette del cinema europeo di questo primo decennio del XXIsimo secolo, il film rimane comunque un gioiello che brilla di una straordinaria luce propria.
E' difficile non superare il limite che divide lo stile dalla maniera, e Almodovar riesce sempre a giocare su questo equilibrio. Come in ogni sua opera, la pellicola è un miscuglio di generi: dalla fiaba al thriller, dalla denuncia sociale al melodramma alla commedia, tutto pervaso da un profondo senso femminile di forza, coraggio e tragedia.
 
Partiamo dai NO. Il film difetta di una certa autoindulgenza, e sembra quasi accettare di configurarsi come un'opera minore della sua filmografia: il forte afflato epico e universale viene meno, e manca la pateticità ispirata che di solito lo contraddistingue. Il problema principale a mio parere è proprio questo sentore di non convinzione, o anche di divertissment personale: Almodovar crede certo nel suo film, ma sembra non esserci convinto fino in fondo. Sembra utilizzi Volver come una specie di intimo gioco che lui solo conosce, come "pausa" in attesa di qualcosa che lo convincerà di più. Se Tutto su mia Madre è 100 Almodovar, Volver è 60: ovvero c'è tutto quello che ci deve essere, ma in un certo senso tutto è depotenziato. La magia compare a tratti, e alcune sequenze commuovono e ispirano, ma nel suo complesso il film sembra mancare di una continuità in questo senso: anche la sceneggiatura è nettamente inferiore al solito Almodovar.
 
In ogni caso, magari tutte le "pause" fossero così!
Il cast è straordinario (come sempre in Almodovar), e se ancora avete qualche dubbio su Penelope Cruz, questo film ve lo laverà via. La sua performance è stellare, e non è MAI stata così bella. Penelope dimostra di aver capito perfettamente la sua Raimunda, una donna molto più italiana che spagnola. Coraggiosa, energica, piena di vita ma al tempo stesso circondata dalla morte. La prova della Cruz è davvero sensazionale, regge praticamente tutto il film con i suoi occhi e i suoi fianchi. Certo, sentirla in spagnolo dev'essere tutt'altra cosa, eppure doppiata in italiano stranamente acquista un suo fascino. Il modello dichiarato dell'attrice per questo film è Sophia Loren, e molto di lei si intravede nel film(che è pieno di omaggi alle grandi dive italiane degli anni '50, compresa una sequenza con Anna Magnani). E la sequenza in cui Raimunda/Penelope canta la canzone che da il titolo al film rimane nel cuore, nello stomaco e negli occhi. Sensazionale.
Carmen Maura è come sempre un gradino sopra tutte, ma la vera scoperta (almeno per me è una scoperta) è Lola Dueñas, nella parte di Sole, la sorella di Raimunda, elemento comico (ma profondamente drammatico a ben pensarci) del film.
 
Imprescindibili la colonna sonora di Alberto Iglesias come sempre perfetta, e la fotografia di Josè Luis Alcaine che mantiene la tipica palette di colori almodovariana, anche se in questo film tende a sfumarla sui toni più scuri e saturi.
 
Il film rimane dunque un esempio di grande cinema, anche se a tratti sembra piuttosto fine a se stesso. In ogni caso Penelope Cruz è strepitosa e da sola vale l'intero film. Temi molto importanti come lo stupro, l'abbandono, la vecchiaia, la morte, l'omicidio vengono trattati come sempre di petto, ma anche in maniera molto sottile grazie ad un lavoro d'attrici fantastico. Necessariamente da rivedere in lingua originale.
 
 
VOTO: B
 
 


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